STORIA DI ISERNIA
Isernia è il secondo capoluogo di provincia del Molise insieme alla città di Campobasso.
E’ stata istituita il 03 marzo 1970, ed è composta da 52 comuni che la circondano insieme a verdi montagne: il Matese e le Mainardi che d’inverno si riempiono di neve regalando uno spettacolo stupendo. Ha un clima abbastanza temperato proprio perché è riparata da queste due montagne.
Il suo nome, deriva da un’ antichissima radice ˂ AISER > che ha il significato di <divino> e che vuole indicare la “civiltà divina” dell’antichità.
Ha una superficie di circa 1.530 Km.² , e si trova su un colle a 432 m. sul livello del mare con una popolazione di circa 22.000 abitanti.
Essa si trova in una zona collinare del Molise nella conca delle sorgenti del fiume Volturno alla confluenza dei fiumi Carpino e Sordo che si uniscono a formare il fiume Cavaliere.
Resti della città antica sono le mura ciclopiche, l’acquedotto sannita-romano, i ponti romani.
Di Interesse artistico sono le chiese di San Pietro (cattedrale neoclassica, ricostruita più volte sulla base di un tempio pagano italico risalente al sec. III a.C., conserva ancora dei resti dell’antico podio.
La cattedrale attuale, ha subito diversi terremoti e più volte ricostruita tra il 1826 e il 1851 );
la chiesa di San Francesco, del 1267, con portale romanico – gotico; la chiesa romanica dell’Assunta semidistrutta nel 1943; il Palazzo Vescovile, con portale del 1767 e la costruzione romanica della Fontana Fraterna a sei archi .
Il suo stemma si compone degli scudi civici di quattro comuni: Isernia, Agnone, Venafro e Frosolone.
Il nome di Pentria, sotto il quale è conosciuta, deriva da quello di una tribù di Sanniti, che qui avevano città e santuari, prima di arrendersi a Roma.
In seguito si sono avvicendate varie civiltà che hanno contribuito a creare un modo di vita e una cultura inimitabile.
Per quanto riguarda l’arte e l’archeologia ne è ricchissima: i reperti di un accampamento paleolitico, le mura ciclopiche, i resti di edifici sanniti e romani, le chiese romaniche e barocche e una preziosa collana di castelli perfettamente conservati. I castelli della Pentria ancora esistenti hanno per lo più un’origine medioevale e alto-medioevale, ma idealmente si riallacciano ad epoche molto più remote, a quelle costruzioni difensive erette dai Sanniti utilizzando grossi macigni.
Partendo dall’alta valle del Volturno troviamo i castelli di Roccapipirozzi, Venafro, Monteroduni, Macchia d’Isernia, Scapoli, Cerro al Volturno e Montaquila, a seguire i castelli di Pescolanciano, Carpinone, Vastogirardi, Bagnoli del Trigno, Roccamandolfi, Macchiagodena, tutti pieni di storia e di ricordi.
Isernia ha anche una lunga tradizione per quanto riguarda i lavori a merletto eseguiti dalle donne con il tombolo, secondo tecniche di lavorazione tramandate di madre in figlia.
Non mancano il turismo, il folklrore e l’ottima cucina, con piatti e pietanze caratteristiche del luogo.
Brevi notizie storiche: La città di Isernia, una volta chiamata dai Sanniti Aesernia, fu sottomessa dai romani, che nel 263 a.C. la eressero a colonia latina con diritto di uso della moneta. Fu loro fedele nella seconda guerra punica e nella guerra sociale.
Calamità naturali e guerre , nel corso dei secoli , hanno più volte sconvolto la città .
Varie volte è stata distrutta dai terremoti (847, 1349, 1456, 1805) e dai nemici(nell’’800 dai Saraceni, nel 1199 da Marcovaldo di Molise, nel 1223 da Federico II); fu anche saccheggiata dai Francesi nel 1799 e dai Borboni nel 1860.
Il 10 settembre 1943 fu quasi distrutta da un massiccio bombardamento da parte degli anglo-americani che rasero al suolo quasi un terzo del paese e della popolazione. Questo tragico evento e il valore della gente isernina, hanno portato la città ad essere tra le Città decorate al valor civile, con medaglia d’oro.
Isernia rivendica la nascita del frate Pietro da Morrone, cioè di Papa Celestino V tanto da festeggiarlo come patrono di Isernia il 19 maggio; a lui è dedicata la chiesa omonima che si trova nella zona sud della città .
IL GIACIMENTO PALEOLITICO DI ISERNIA “LA PINETA”
Uno degli eventi più importanti che ha dato rilievo alla città è stata la scoperta del giacimento paleolitico.
Nell’estate del 1979, nelle vicinanze della città, in località “La Pineta”, durante i lavori di sbancamento della superstrada Napoli-Vasto, poi denominata la Trignina, vennero alla luce i resti di un antichissimo insediamento umano paleolitico, risalente a circa 730.000 anni fa. E’ da allora che specialisti di diverse università italiane e straniere, sotto il coordinamento scientifico del Prof. Carlo Peretto dell’Università di Ferrara, hanno effettuato scavi, rilievi, restauri, datazioni consentendo l’acquisizione di un primo importante bagaglio di conoscenze sul sito paleolitico di Isernia, che per quantità e qualità di testimonianze ed informazioni è uno dei più prestigiosi documenti sulla vita dei nostri progenitori.
Isernia, circa 700.000 anni fa.
Il bacino sul quale sorge attualmente la cittadina di origine sannita, nel cuore delle formazioni montuose dell'Appennino, è sede di un piccolo invaso lacustre, alimentato dal fiume Carpino e da grosse sorgenti responsabili dell'origine di potenti formazioni di travertino. Nelle savane erbose, lungo le rive, in uno scenario esotico, oltre a bisonti, elefanti ed ippopotami vivono anche gli uomini paleolitici di Isernia, cacciatori, raccoglitori di vegetali di crescita spontanea, nomadi o semi nomadi.
Si tratta dell’ homo erectus, il primo che raggiunge l'Eurasia dall'Africa intorno ad un milione e mezzo di anni fa, in possesso di importanti facoltà mentali e di un elevato grado di cooperazione sociale nell'ambito del gruppo. Questi uomini non conoscono l'agricoltura o l'allevamento, e sono organizzati in piccole bande di tipo familiare, composte probabilmente da non più di 15-20 individui. Si tratta verosimilmente di società di tipo patriarcale, con una precisa divisione dei compiti su basi sessuali: le donne sono responsabili della raccolta dei vegetali e gli uomini dell'esercizio della caccia.
Le prede preferite sono i bisonti ma anche altri animali come gli elefanti, i rinoceronti, gli orsi, i megaceri, gli ippopotami ed i cinghiali. Tutti animali di cui oggi, nel giacimento, ritroviamo ponderosi accumuli di ossa. Quelle di bisonte, dopo essere state spolpate vengono intenzionalmente fratturate per l'estrazione del nutriente midollo.
Lungo le coste del lago e del fiume abbondano lastrine di selce, provenienti dal disfacimento della formazione dei "diaspri varicolori", fra Pesche e Carpinone, che vengono scheggiate per la fabbricazione degli strumenti.
Le affilate schegge prodotte con lastrina di selce lunghe una decina di centimetri sono sufficienti per macellare un intero bisonte. Non si può stabilire con certezza per quanto tempo questi cacciatori si sono fermati nella località "La Pineta", quanti fossero e che tipo di attività praticassero.
Manufatti litici ed ossa di prede cacciate si estendono su superfici particolarmente estese di diverse decine di migliaia di metri quadrati.
Che potesse trattarsi di gruppi assai numerosi è altamente improbabile, così come è improbabile che si siano fermati per periodi prolungati o addirittura permanentemente nello stesso sito.
La spiegazione che oggi sembra più ragionevole è che siano ritornati ciclicamente, a più riprese, nella stessa area che, per ragioni legate all'approvvigionamento delle materie prime e dell'acqua .
Una prova evidente che sono tornati in più circostanze sullo stesso sito la troviamo senz'altro nella distribuzione verticale delle testimonianze: le fasi del popolamento paleolitico dell'area sono documentate da una successione stratigrafica di almeno quattro orizzonti antropici.
I paleolitici si insediano una prima volta sulla grossa bancata di travertino, abbandonando numerosissimi manufatti ricavati da selce, da calcare ed i resti osteologici delle prede.
Un'esondazione del fiume ricopre queste prime testimonianze con una spessa coltre di limo di origine lacustre. Al di sopra del limo, i preistorici tornarono presto ad insediarsi, lasciando altre tracce del loro passaggio. Questa volta è una colata di fango vulcanico a ricoprire tutto, sigillando i preziosi reperti e preservandoli dalla distruzione. I cristalli di sanidino e di biotite presenti in questi sedimenti di origine vulcanica possono essere datati col metodo Potassio/Argon, indicando un'età di 736.000 anni +/- 40.000.
I preistorici tornarono una terza volta nell'area, insediandosi al di sopra dei sedimenti vulcanici, abbandonando numerosi manufatti litici, ricavati da selce e da calcare e da alcuni resti osteologici di dimensioni per lo più ridotte. Ancora una volta le testimonianze vengono sigillate dall'accumulo di nuovi sedimenti di origine fluviale.
Una quarta fase del popolamento della zona è documentata nell'area più meridionale del giacimento e si presenta caratterizzata da una fortissima concentrazione di manufatti, ricavati esclusivamente da selce e da scarsi resti osteologici di piccole dimensioni. Quest'ultimo gruppo di testimonianze si è rilevato di un interesse particolare, sia per la probabile presenza di tracce dell'uso del fuoco (le più antiche finora documentate al mondo), sia per I' eccezionale affidabilità delle condizioni di giacitura dei reperti, che non sembrano aver subito nessun fenomeno di disturbo "postdeposizionale": sono di aspetto freschissimo, fortemente concentrati in un'area delimitata e rimontano spesso fra di loro. Non è semplice stabilire precisamente quale intervallo di tempo sia intercorso fra le quattro diverse fasi del popolamento paleolitico della zona: le caratteristiche dei sedimenti che vi si interpongono, che possono essersi accumulati anche in tempi rapidissimi, la costante presenza degli stessi tipi di faune e le forti analogie che caratterizzano i quattro gruppi di manufatti litici, lasciano pensare che si sia trattato di tempi particolarmente brevi.
L’importanza dell’insediamento deriva dalla presenza di un piano di calpestio costituito dalle ossa degli animali cacciati dagli uomini, con una notevole quantità di reperti che contribuiscono alla conoscenza dell’antico ambiente naturale, e dalla più antica dimostrazione dell’utilizzo del fuoco da parte dell’uomo.
Nel 1983 fu allestita ad Isernia, nei locali del Museo di Santa Maria delle Monache, la mostra dal titolo:
“Isernia- La Pineta, un accampamento più antico di 700.000 anni.”
Nel 1999 è stato inaugurato il Museo Nazionale del Paleolitico, che comprende sia una sede museale di Santa Maria delle Monache, sia l’area di “La Pineta” dove proseguono gli scavi del paleosuolo. Quest’ultima struttura, in corso di completamento, è concepita come un laboratorio nel quale i visitatori possono assistere ai lavori e dove i reperti provenienti dallo scavo possono essere restaurati, studiati, catalogati ed esposti al pubblico direttamente sul posto.
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Ecco alcune frasi della canzone “Sernia meja” che fanno capire quanto è profondo l’amore per la propria terra.
"Sernia meja"
sernia s' stenne coppa a na' cullina,
miez a du' scium chiar e rirarigl
e quir murmurio
la sera e la matina
r' suonn t'acccumpagna e t' risveglia
Ritornello
O Sernia o' sernia meja
sci come na' carezza d' na mamma,
sci come na' carezza d' na mamma,
ch n' z' po' scurdaaa.....
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Traduzione: Isernia mia
Isernia si distende sopra ad una collina,
in mezzo a due fiumi chiari e gioiosi
e quel mormorio
la sera e la mattina
il sonno ti accompagna e ti risveglia
Ritornello
O Isernia o Isernia mia
sei come la carezza di una mamma,
sei come la carezza di una mamma,
che non si può scordare.
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Lo stemma di Isernia
Alcune foto di Isernia
La Cattedrale-Piazza Andrea d' Isernia
Torre della Cattedrale-Corso Marcelli (notturni)
Piazza San Francesco
Monumento ai Caduti
Panorama
Corso Garibaldi- Il Tribunale- La villa Comunale
Donne che lavorano il tombolo
ALCUNI CASTELLI DELLA PROVINCIA DI ISERNIA
Castello Caldora di Carpinone (Is)
Castello D'Alessandro di Pescolanciano (Is)
Castello di Macchia d'Isernia (Is)
Castello di Vastogirardi (Is)
Castello Pandone di Venafro (Is)
Castello Pandone di Cerro al Volturno (Is)
Castello Pignatelli di Monteroduni (Is)
Castello Pignatelli di Monteroduni (Is)
ALCUNE FOTO DEL PALEOLITICO
La sala della Mostra del Museo Paleolitico di Santa Maria delle Monache (Is)
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Alcune riproduzioni dell'uomo del Paleolitico
Alcune informazioni sono state prese dall'enciclopedia di Wikipedia
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Alcune immagini della bellissima e commovente processione che si svolge ogni anno ad Isernia in occasione del Venerdì Santo.
Queste foto sono del 2011
Gesù, dando un forte grido, spirò
Quando fu mezzogiorno, si fece buio su tutta la terra fino
alle tre del pomeriggio. Alle tre, Gesù gridò a gran voce:
«Eloì, Eloì, lemà sa-bactàni?»,
che significa:
«Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?».
Udendo questo,
alcuni dei presenti dicevano: « Ecco, chiama Elia!».
Uno corse a inzuppare di aceto una spugna, la fissò su una
canna e gli dava da bere, dicendo:
«Aspettate, vediamo se viene Elia a farlo scendere».
Ma Gesù, dando un forte grido, spirò. |
Gesù è adagiato su un letto pieno di fiori
Stabat Mater
Stabat Mater dolorósa
iuxta crucem lacrimósa,
dum pendébat Fílius.
Cuius ánimam geméntem,
contristátam et doléntem
pertransívit gládius.
O quam tristis et afflícta
fuit illa benedícta
Mater Unigéniti !
Quae moerébat et dolébat,
pia mater, cum vidébat
nati poenas íncliti.
Quis est homo, qui non fleret,
Christi Matrem si vidéret
in tanto supplício?
Quis non posset contristári,
piam Matrem contemplári
doléntem cum Filio ?
Pro peccátis suae gentis
vidit Jesum in torméntis
et flagéllis subditum.
Vidit suum dulcem natum
moriéntem desolátum,
dum emísit spíritum.
Eia, mater, fons amóris,
me sentíre vim dolóris
fac, ut tecum lúgeam.
Fac, ut árdeat cor meum
in amándo Christum Deum,
ut sibi compláceam.
Sancta Mater, istud agas,
crucifíxi fige plagas
cordi meo válide.
Tui Nati vulneráti,
tam dignáti pro me pati,
poenas mecum dívide.
Fac me vere tecum flere,
Crucifíxo condolére
donec ego víxero.
Iuxta crucem tecum stare,
te libenter sociáre
in planctu desídero.
Virgo vírginum praeclára,
mihi iam non sis amára,
fac me tecum plángere.
Fac, ut portem Christi mortem,
passiónis fac me sortem
et plagas recólere.
Fac me plagis vulnerári,
cruce hac inebriári
et cruóre Fílii.
Flammis urar ne succénsus,
per te, Virgo, sim defénsus
in die iudícii.
Fac me cruce custodíri
morte Christi praemuníri,
confovéri grátia.
Quando corpus moriétur,
fac, ut ánimae donétur
paradísi glória. Amen.
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Stabat Mater
La Madre addolorata stava
in lacrime presso la Croce
su cui pendeva il Figlio.
E il suo animo gemente,
contristato e dolente
una spada trafiggeva.
Oh, quanto triste e afflitta
fu la benedetta
Madre dell'Unigenito!
Come si rattristava e si doleva
la pia Madre
vedendo le pene dell'inclito Figlio!
Chi non piangerebbe
al vedere la Madre di Cristo
in tanto supplizio?
Chi non si rattristerebbe
al contemplare la pia Madre
dolente accanto al Figlio ?
A causa dei peccati del suo popolo
Ella vide Gesù nei tormenti,
sottoposto ai flagelli.
Vide il suo dolce Figlio
che moriva, abbandonato da tutti,
mentre esalava lo spirito.
Oh, Madre, fonte d'amore,
fammi provare lo stesso dolore
perché possa piangere con te.
Fa' che il mio cuore arda
nell'amare Cristo Dio
per fare cosa a lui gradita.
Santa Madre, fai questo:
imprimi le piaghe del tuo Figlio crocifisso
fortemente nel mio cuore.
Del tuo figlio ferito
che si è degnato di patire per me,
dividi con me le pene.
Fammi piangere intensamente con te,
condividendo il dolore del Crocifisso,
finché io vivrò.
Accanto alla Croce desidero stare con te,
in tua compagnia,
nel compianto.
O Vergine gloriosa fra le vergini
non essere aspra con me,
fammi piangere con te.
Fa' che io porti la morte di Cristo,
avere parte alla sua passione
e ricordarmi delle sue piaghe.
Fa' che sia ferito delle sue ferite,
che mi inebri con la Croce
e del sangue del tuo Figlio.
Che io non sia bruciato dalle fiamme,
che io sia, o Vergine, da te difeso
nel giorno del giudizio.
Fa' che io sia protetto dalla Croce,
che io sia fortificato dalla morte di Cristo,
consolato dalla grazia.
E quando il mio corpo morirà
fa' che all'anima sia data
la gloria del Paradiso. Amen. |
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